Domanda:
la leggenda Romolo e Remo.. ?
ale
2009-02-16 09:45:05 UTC
per piacere potreste darmi un breve riassunto della leggenda di Remo e Romolo ?? !! grz mille in anticipo !! ^.^
Quattro risposte:
crazyangel
2009-02-16 09:54:07 UTC
La leggenda vuole che i latini siano in qualche modo discendenti di Enea, fuggito dalle ceneri di ***** e approdato nel Lazio, dove si stabilì ed ebbe abbondante discendenza.



Ora, alcune generazioni dopo, in una delle città fondate dalla sua stirpe (Alba Longa), accadde che il buon re Numitore fosse usurpato dal fratello malvagio, Amulio. Questi imprigionò il fratello e ne uccise la discendenza maschile, costringendo l'unica figlia superstite a farsi vestale, titolo che imponeva il voto di castità.



Rea Silvia, questo il nome della ragazza, era una bella e innocente fanciulla, che commise però il fatale errore di addormentarsi distesa sulla riva del fiume: la bella non passò inosservata agli dei, visto che di lì a poco passò Marte e molto ellenicamente la fece sua.

Da questa unione nacquero due gemelli, Romolo e Remo.



Amulio, venuto a sapere del fatto, fece uccidere Rea Silvia a bastonate e ordinò ad un suo servitore di ucciderne i figli, ma il servitore si impietosì e li abbandonò in un cesto di vimini in una secca, in balia del loro destino fluviale.



La cesta si arenò, i due gemelli piangevano e il loro pianto giunse alle orecchie di una Lupa che provvide a portare la cesta nella sua tana e a svezzarne il contenuto.



Sennonché Faustolo, un pastore di passaggio, impietosito, decise di portarsi a casa gli infanti. Qui trovarono finalmente una mamma umana, Acca Larenzia, che sembra fosse la vera e unica Lupa di tutta la storia (ovvero una prostituta), con buona pace della corrente storico-animalista.





Romolo e Remo crebbero tra i pastori e si distinsero per forza e coraggio (erano pur sempre figli del dio della guerra). Venuti a sapere delle loro vere origini, si recarono ad Alba Longa, fecero piazza pulita di Amulio e restituirono il trono al nonno Numitore.



A questo punto i due fratelli decisero di tributarsi il giusto onore fondando una città nel luogo del loro ritrovamento, e immancabilmente nacquero i primi dissapori per la supremazia di quelle poche capanne che chiamavano città. Romolo voleva chiamarla Roma, Remo invece Remuria, entrambi ispirandosi ai rispettivi nomi. Romolo prevalse dopo essersi giocato il nome in una serie di prove di abilità.



Trovato il nome occorreva fissare il quadrato delle mura: Romolo ebbe la visione premonitrice di dodici avvoltoi roteanti sul suo capo (mentendo al fratello che ne vide appena sei). Questo gli diede il diritto di tracciare il solco con l'aratro e giurare davanti agli dei che nessuno lo avrebbe mai oltrepassato senza il suo permesso. Accade però che il solco fu attraversato per sfida proprio dal fratello, il quale venne ucciso da Romolo secondo giuramento.



Così, secondo il mito, nacque Roma nel 753 a.C.





ciau
anonymous
2017-01-04 11:41:38 UTC
Si tratta di una leggenda che fa parte della tradizione mitologica romana. Romolo e Remo, due fratelli gemelli, uno dei quali, Romolo, fu il fondatore della città di Roma (Roma deriva da Romolo) e suo primo re. l. a. archives di fondazione è indicata in step with tradizione al 21 aprile 753 a.C. (detto anche Natale di Roma e giorno delle Palilie). Secondo l. a. leggenda, erano figli di Marte e di Rea Silvia (o "Rhea Silvia"), discendenti di Enea. Gli antichi romani vollero dare delle origini "divine" alla città, in step with questo c'è il riferimento al Dio Marte (dio della guerra) ed a Enea, poichè i romani furono degli invincibili guerrieri.
TheChicSoul
2009-02-18 05:47:58 UTC
Romolo e Remo sono, nella tradizione mitologica romana, due fratelli gemelli, uno dei quali, Romolo, fu il fondatore eponimo della città di Roma e suo primo re. La data di fondazione è indicata per tradizione al 21 aprile 753 a.C. (detto anche Natale di Roma e giorno delle Palilie). Secondo la leggenda, erano figli di Marte e di Rea Silvia (o "Rhea Silvia"), discendenti di Enea.

Esistono innumerevoli versioni della leggenda di Romolo e Remo e della fondazione di Roma, tutte tese alla glorificazione degli antenati dei Romani e della famiglia Giulia (gens Julia). Ci sono stratificazioni tra diverse leggende, dettagli diversi e "rami laterali", di volta in volta tesi ad aggiungere (o togliere) onore e diritti ai Romani. La leggenda della fondazione di Roma è riportata dallo storico romano Tito Livio nel libro I della sua Storia di Roma. Di essa riferiscono anche Dionigi di Alicarnasso, Plutarco, Varrone.



Questo racconto è da sempre stato ritenuto una favola, risalente al periodo fra il IV e il III secolo a.C.. Per molti critici la città di Roma si era addirittura formata soltanto centocinquanta anni più tardi, all'epoca dei re Tarquini (fine del VII secolo a.C.). Tuttavia, sul colle del Palatino, durante dei lavori esplorativi, sarebbe stata ritrovato il lupercale, un locale sotterraneo di epoca romana, a circa 15 metri dalle fondamenta della villa di Augusto. Tale struttura sarebbe identificabile con la grotta-santuario dove i due leggendari figli di Marte e Rea Silvia, sarebbero stati allattati dalla leggendaria lupa.

Come si racconta nell'Eneide, Enea, figlio della dea Venere, fugge da *****, ormai occupata dagli Achei, con il padre Anchise e il figlioletto Ascanio; mentre la moglie Creusa, figlia del re Priamo, perisce nell'incendio della città. Mentre Enea dirige le rotte verso l’ Italia, viene travolto con le sue navi da una tempesta per volere di Giunone (adirata con lui), che lo costringe ad approdare a Cartagine dove viene accolto dalla regina della città Didone.



Durante un banchetto in suo onore Enea inizia a raccontare le sue avventure: la caduta di *****, lo stratagemma del cavallo e la sua fuga insieme al padre Anchise e al figlio Iulo dopo la misteriosa scomparsa della moglie Creusa nel tumulto della notte in cui fu distrutta la città di *****. Dopo essere fuggiti si rifugiarono sul monte Ida, dove rimasero per tutto l’inverno nell’allestimento di una nuova flotta, dopodiché partirono per una nuova patria.



Al termine del suo racconto Didone si è già innamorata di Enea, poiché Venere ha scambiato il figlio di Enea con Cupido che colpisce Didone con una delle sue frecce. Didone chiede ad Enea di rimanere con lei a regnare su Cartagine, Enea e i compagni dopo essere rimasti per un anno a Cartagine per ordine del Fato e di Giove ripartono per il Lazio. Didone vedendo lontane le navi di Enea maledice la stirpe troiana e si uccide.



Dopo varie peregrinazioni nel Mediterraneo, Enea approda nel Lazio nel territorio di Laurento. Qui venne, secondo alcuni, favorevolmente accolto da Latino, re degli Aborigeni, secondo altri, invitato a battersi. Il destino volle che il re italico fosse vinto in battaglia e costretto a fare pace con l'eroe troiano.[1] Si narra, inoltre, che una volta conosciuta la figlia del re, Lavinia, i due giovani si innamorassero predutamente l'uno dell'altra, anche se la ragazza era stata promessa in sposa a Turno, re dei Rutuli. L'amore dei due giovani costrinse il vecchio padre, Latino, ad assecondare i desideri della giovane figlia ed a permetterle di sposare l'eroe giunto da *****, pur sapendo che prima o poi avrebbe dovuto affrontare Turno, il quale non aveva accettato di buon grado che lo straniero venuto da lontano gli fosse preferito.[2] Una volta sposati, Enea decise di fondare una nuova città, dandole il nome di Lavinio (l'odierna Pratica di Mare), in onore della moglie.[1]



La guerra che ne seguì non portò nessuna delle due parti a potersi rallegrare. I Rutuli furono vinti, ma Latino, il re alleato di Enea, fu ucciso.



« Allora Turno e i Rutuli, sfiduciati per l'esito delle cose, ricorsero all'aiuto degli Etruschi e del re della ricca città di Caere, Mesezio. [...] Enea terrorizzato da una simile guerra , per accattivarsi il favore degli Aborigeni, ed anche perché tutti fossero uniti non solo nel comando ma anche nel nome, chiamò entrambi i popoli [Troiani e Aborigeni] Latini. E da quel momento gli Aborigeni non furono inferiori ai Troiani in devozione e laltà. »

(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I, 2.)



Virgilio invece narra che fu Giunone a provocare una rissa tra le popolazioni rivali, nella quale morì il giovane valletto latino Almone. Ebbe così inizio la guerra, che vide il tiranno etrusco Mezenzio e la maggior parte delle popolazioni italiche correre in appoggio a Turno, mentre Enea ottenne l'allanza di alcune popolazioni greche provenienti da Argo e stanziate nella città di Pallante sul Palatino, regno dell'arcade Evandro e di suo figlio Pall
superPippo_Rizzi
2009-02-16 09:49:31 UTC
https://answersrip.com/question/index?qid=20080604062054AADXtR4



Spero di Averti Aiutato!

CIAO!


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