Domanda:
giovanni verga....10 punti!!!!!?
anonymous
2008-05-28 11:40:58 UTC
ho bisogno un analisi di libertà di giovanni verga....allora ho bisogno di
1) incipit
2)conclusione ( aperta o chiusa)
3)rapporto tra fabula e intreccio
4)tempo
5) spazio
6) personaggi
......
il testo è qst...

Sciorinarono dal campanile un fazzoletto a tre colori, suonarono le campane a stormo, e cominciarono a gridare in piazza: - Viva la libert�! -
Come il mare in tempesta. La folla spumeggiava e ondeggiava davanti al casino dei galantuomini, davanti al Municipio, sugli scalini della chiesa: un mare di berrette bianche; le scuri e le falci che luccicavano. Poi irruppe in una stradicciuola.
- A te prima, barone! che hai fatto nerbare la gente dai tuoi campieri! - Innanzi a tutti gli altri una strega, coi vecchi capelli irti sul capo, armata soltanto delle unghie. - A te, prete del diavolo! che ci hai succhiato l'anima! - A te, ricco epulone, che non puoi scappare nemmeno, tanto sei grasso del sangue del povero! - A te, sbirro! che hai fatto la giustizia solo per chi non aveva niente! - A te, guardaboschi! che hai venduto la tua carne e la carne del prossimo per due tar� al giorno! -
E il sangue che fumava ed ubbriacava. Le falci, le mani, i cenci, i sassi, tutto rosso di sangue! - Ai galantuomini! Ai cappelli! Ammazza! ammazza! Addosso ai cappelli! -
Don Antonio sgattaiolava a casa per le scorciatoie. Il primo colpo lo fece cascare colla faccia insanguinata contro il marciapiede. - Perch�? perch� mi ammazzate? - Anche tu! al diavolo! - Un monello sciancato raccatt� il cappello bisunto e ci sput� dentro. - Abbasso i cappelli! Viva la libert�! - Te'! tu pure! - Al reverendo che predicava l'inferno per chi rubava il pane. Egli tornava dal dir messa, coll'ostia consacrata nel pancione. - Non mi ammazzate, ch� sono in peccato mortale! - La gn� Lucia, il peccato mortale; la gn� Lucia che il padre gli aveva venduta a 14 anni, l'inverno della fame, e rimpieva la Ruota e le strade di monelli affamati. Se quella carne di cane fosse valsa a qualche cosa, ora avrebbero potuto satollarsi, mentre la sbrandellavano sugli usci delle case e sui ciottoli della strada a colpi di scure. Anche il lupo allorch� capita affamato in una mandra, non pensa a riempirsi il ventre, e sgozza dalla rabbia. - Il figliuolo della Signora, che era accorso per vedere cosa fosse - lo speziale, nel mentre chiudeva in fretta e in furia - don Paolo, il quale tornava dalla vigna a cavallo del somarello, colle bisacce magre in groppa. Pure teneva in capo un berrettino vecchio che la sua ragazza gli aveva ricamato tempo fa, quando il male non aveva ancora colpito la vigna. Sua moglie lo vide cadere dinanzi al portone, mentre aspettava coi cinque figliuoli la scarsa minestra che era nelle bisacce del marito. - Paolo! Paolo! - Il primo lo colse nella spalla con un colpo di scure. Un altro gli fu addosso colla falce, e lo sventr� mentre si attaccava col braccio sanguinante al martello.
Ma il peggio avvenne appena cadde il figliolo del notaio, un ragazzo di undici anni, biondo come l'oro, non si sa come, travolto nella folla. Suo padre si era rialzato due o tre volte prima di strascinarsi a finire nel mondezzaio, gridandogli: - Neddu! Neddu! - Neddu fuggiva, dal terrore, cogli occhi e la bocca spalancati senza poter gridare. Lo rovesciarono; si rizz� anch'esso su di un ginocchio come suo padre; il torrente gli pass� di sopra; uno gli aveva messo lo scarpone sulla guancia e glie l'aveva sfracellata; nonostante il ragazzo chiedeva ancora grazia colle mani. - Non voleva morire, no, come aveva visto ammazzare suo padre; - strappava il cuore! - Il taglialegna, dalla piet�, gli men� un gran colpo di scure colle due mani, quasi avesse dovuto abbattere un rovere di cinquant'anni - e tremava come una foglia. - Un altro grid�: - Bah! egli sarebbe stato notaio, anche lui! -
Non importa! Ora che si avevano le mani rosse di quel sangue, bisognava versare tutto il resto. Tutti! tutti i cappelli! - Non era pi� la fame, le bastonate, le soperchierie che facevano ribollire la collera. Era il sangue innocente. Le donne pi� feroci ancora, agitando le braccia scarne, strillando l'ira in falsetto, colle carni tenere sotto i brindelli delle vesti. - Tu che venivi a pregare il buon Dio colla veste di seta! - Tu che avevi a schifo d'inginocchiarti accanto alla povera gente! - Te'! Te'! - Nelle case, su per le scale, dentro le alcove, lacerando la seta e la tela fine. Quanti orecchini su delle facce insanguinate! e quanti anelli d'oro nelle mani che cercavano di parare i colpi di scure!
La baronessa aveva fatto barricare il portone: travi, carri di campagna, botti piene, dietro; e i campieri che sparavano dalle finestre per vender cara la pelle. La folla chinava il capo alle schiopettate, perch� non aveva armi da rispondere. Prima c'era la pena di morte chi tenesse armi da fuoco. - Viva la libert�! - E sfondarono il portone. Poi nella corte, sulla gradinata, scavalcando i feriti. Lasciarono stare i campieri. - I campieri dopo! - I campieri dopo! - Prima volevano le carni della baronessa, le carni fatte di pernici e di vin buono. Ella correva di stanza in stanza col lattante al seno, scarmigliata - e le stanze erano molte. Si udiva la folla urlare per quegli andirivieni, avvicinandosi come la piena di un fiume. Il figlio maggiore, di 16 anni, ancora colle carni bianche anch'esso, puntellava l'uscio colle sue mani tremanti, gridando: - Mam�! mam�! - Al primo urto gli rovesciarono l'uscio addosso. Egli si afferrava alle gambe che lo calpestavano. Non gridava pi�. Sua madre s'era rifugiata nel balcone, tenendo avvinghiato il bambino, chiudendogli la bocca colla mano perch� non gridasse, pazza. L'altro figliolo voleva difenderla col suo corpo, stralunato, quasi avesse avuto cento mani, afferrando pel taglio tutte quelle scuri. Li separarono in un lampo. Uno abbranc� lei pei capelli, un altro per i fianchi, un altro per le vesti, sollevandola al di sopra della ringhiera. Il carbonaio le strapp� dalle braccia il bambino lattante. L'altro fratello non vide niente; non vedeva altro che nero e rosso. Lo calpestavano, gli macinavano le ossa a colpi di tacchi ferrati; egli aveva addentato una mano che lo stringeva alla gola e non la lasciava pi�. Le scuri non potevano colpire nel mucchio e luccicavano in aria.
E in quel carnevale furibondo del mese di luglio, in mezzo agli urli briachi della folla digiuna, continuava a suonare a stormo la campana di Dio, fino a sera, senza mezzogiorno, senza avemaria, come in paese di turchi. Cominciavano a sbandarsi, stanchi della carneficina, mogi, mogi, ciascuno fuggendo il compagno. Prima di notte tutti gli usci erano chiusi, paurosi, e in ogni casa vegliava il lume. Per le stradicciuole non si udivano altro che i cani, frugando per i canti, con un rosicchiare secco di ossa, nel chiaro di luna che lavava ogni cosa, e mostrava spalancati i portoni e le finestre delle case deserte.
Aggiornava; una domenica senza gente in piazza n� messa che suonasse. Il sagrestano s'era rintanato; di preti non se ne trovavano pi�. I primi che cominciarono a far capannello sul sagrato si guardavano in faccia sospettosi; ciascuno ripensando a quel che doveva avere sulla coscienza il vicino. Poi, quando furono in molti, si diedero a mormorare. - Senza messa non potevano starci, un giorno di domenica, come i cani! - Il casino dei galantuomini era sbarrato, e non si sapeva dove andare a prendere gli ordini dei padroni per la settimana. Dal campanile penzolava sempre il fazzoletto tricolore, floscio, nella caldura gialla di luglio.
E come l'ombra s'impiccioliva lentamente sul sagrato, la folla si ammassava tutta in un canto. Fra due casucce della piazza, in fondo ad una stradicciola che scendeva a precipizio, si vedevano i campi giallastri nella pianura, i boschi cupi sui fianchi dell'Etna. Ora dovevano spartirsi quei boschi e quei campi. Ciascuno fra s� calcolava colle dita quello che gli sarebbe toccato di sua parte, e guardava in cagnesco il vicino. - Libert� voleva dire che doveva essercene per tutti! - Quel Nino Bestia, e quel Ramurazzo, avrebbero preteso di continuare le prepotenze dei cappelli! - Se non c'era pi� il perito per misurare la terra, e il notaio per metterla sulla carta, ognuno avrebbe fatto a riffa e a raffa! - E se tu ti mangi la tua parte all'osteria, dopo bisogna tornare a spartire da capo? - Ladro tu e ladro io -. Ora che c'era la libert�, chi voleva mangiare per due avrebbe avuto la sua festa come quella dei galantuomini! - Il taglialegna brandiva in aria la mano quasi ci avesse ancora la scure.
Il giorno dopo si ud� che veniva a far giustizia il generale, quello che faceva tremare la gente. Si vedevano le camicie rosse dei suoi soldati salire lentamente per il burrone, verso il paesetto; sarebbe bastato rotolare dall'alto delle pietre per schiacciarli tutti. Ma nessuno si mosse. Le donne strillavano e si strappavano i capelli. Ormai gli uomini, neri e colle barbe lunghe, stavano sul monte, colle mani fra le cosce, a vedere arrivare quei giovanetti stanchi, curvi sotto il fucile arrugginito, e quel generale piccino sopra il suo gran cavallo nero, innanzi a tutti, solo.
Il generale fece portare della paglia nella chiesa, e mise a dormire i suoi ragazzi come un padre. La mattina, prima dell'alba, se non si levavano al suono della tromba, egli entrava nella chiesa a cavallo, sacramentando come un turco. Questo era l'uomo. E subito ordin� che glie ne fucilassero cinque o sei, Pippo, il nano, Pizzanello, i primi che capitarono. Il taglialegna, mentre lo facevano inginocchiare addosso al muro del cimitero, piangeva come un ragazzo, per certe parole che gli aveva dette sua madre, e pel grido che essa aveva cacciato quando glie lo strapparono dalle braccia. Da lontano, nelle viuzze pi� remote del paesetto, dietro gli usci, si udivano quelle schioppettate in fila come i mortaletti della festa.
Dopo arrivarono i giudici per davvero, dei galantuomini cogli occhiali, arrampicati sulle mule, disfatti dal viaggio, che si lagnavano ancora dello strapazzo mentre interrogavano gli accusati nel refettorio del convento, seduti di fianco sulla scranna, e dicendo - ahi! - ogni volta che mutavano lato. Un processo lungo che non finiva pi�. I colpevoli li condussero in citt�, a piedi, incatenati a coppia, fra due file di soldati col moschetto pronto. Le loro donne li seguivano correndo per le lunghe strade di campagna, in mezzo ai solchi, in mezzo ai fichidindia, in mezzo alle vigne, in mezzo alle biade color d'oro, trafelate, zoppicando, chiamandoli a nome ogni volta che la strada faceva gomito, e si potevano vedere in faccia i prigionieri. Alla citt� li chiusero nel gran carcere alto e vasto come un convento, tutto bucherellato da finestre colle inferriate; e se le donne volevano vedere i loro uomini, soltanto il luned�, in presenza dei guardiani, dietro il cancello di ferro. E i poveretti divenivano sempre pi� gialli in quell'ombra perenne, senza scorgere mai il sole. Ogni luned� erano pi� taciturni, rispondevano appena, si lagnavano meno. Gli altri giorni, se le donne ronzavano per la piazza attorno alla prigione, le sentinelle minacciavano col fucile. Poi non sapere che fare, dove trovare lavoro nella citt�, n� come buscarsi il pane. Il letto nello stallazzo costava due soldi; il pane bianco si mangiava in un boccone e non riempiva lo stomaco; se si accoccolavano a passare una notte sull'uscio di una chiesa, le guardie le arrestavano. A poco a poco rimpatriarono, prima le mogli, poi le mamme. Un bel pezzo di giovinetta si perdette nella citt� e non se ne seppe pi� nulla. Tutti gli altri in paese erano tornati a fare quello che facevano prima. I galantuomini non potevano lavorare le loro terre colle proprie mani, e la povera gente non poteva vivere senza i galantuomini. Fecero la pace. L'orfano dello speziale rub� la moglie a Neli Pirru, e gli parve una bella cosa, per vendicarsi di lui che gli aveva ammazzato il padre. Alla donna che aveva di tanto in tanto certe ubbie, e temeva che suo marito le tagliasse la faccia, all'uscire dal carcere, egli ripeteva: - Sta tranquilla che non ne esce pi� -. Ormai nessuno ci pensava; solamente qualche madre, qualche vecchiarello, se gli correvano gli occhi verso la pianura, dove era la citt�, o la domenica, al vedere gli altri che parlavano tranquillamente dei loro affari coi galantuomini, dinanzi al casino di conversazione, col berretto in mano, e si persuadevano che all'aria ci vanno i cenci.
Il processo dur� tre anni, nientemeno! tre anni di prigione e senza vedere il sole. Sicch� quegli accusati parevano tanti morti della sepoltura, ogni volta che li conducevano ammanettati al tribunale. Tutti quelli che potevano erano accorsi dal villaggio: testimoni, parenti, curiosi, come a una festa, per vedere i compaesani, dopo tanto tempo, stipati nella capponaia - ch� capponi davvero si diventava l� dentro! e Neli Pirru doveva vedersi sul mostaccio quello dello speziale, che s'era imparentato a tradimento con lui! Li facevano alzare in piedi ad uno ad uno. - Voi come vi chiamate? - E ciascuno si sentiva dire la sua, nome e cognome e quel che aveva fatto. Gli avvocati armeggiavano, fra le chiacchiere, coi larghi maniconi pendenti, e si scalmanavano, facevano la schiuma alla bocca, asciugandosela subito col fazzoletto bianco, tirandoci su una presa di tabacco. I giudici sonnecchiavano, dietro le lenti dei loro occhiali, che agghiacciavano il cuore. Di faccia erano seduti in fila dodici galantuomini, stanchi, annoiati, che sbadigliavano, si grattavano la barba, o ciangottavano fra di loro. Certo si dicevano che l'avevano scappata bella a non essere stati dei galantuomini di quel paesetto lass�, quando avevano fatto la libert�. E quei poveretti cercavano di leggere nelle loro facce. Poi se ne andarono a confabulare fra di loro, e gli imputati aspettavano pallidi, e cogli occhi fissi su quell'uscio chiuso. Come rientrarono, il loro capo, quello che parlava colla mano sulla pancia, era quasi pallido al pari degli accusati, e disse: - Sul mio onore e sulla mia coscienza!...
Il carbonaio, mentre tornavano a mettergli le manette, balbettava: - Dove mi conducete? - In galera? - O perch�? Non mi � toccato neppure un palmo di terra! Se avevano detto che c'era la libert�!... -
Cinque risposte:
Thewall94
2008-05-28 11:44:23 UTC
Libertà



Intreccio



Verga in questa novella rivive la vicenda di Bronte dopo la rivolta della povera gente che voleva dividere le terre dei ricchi, alcuni sventolavano un fazzoletto rosso dal campanile e altri gridavano nella piazza più grande la parola "Libertà". Don Antonio fu ucciso mentre cercava di fuggire e mentre passava a miglior vita si chiedeva perché lo stessero facendo. Anche il reverendo anche supplicava di non essere ucciso. Don Paolo fu ucciso davanti casa, sotto gli occhi della moglie che aspettava un po' di minestra da suo marito per sfamare i cinque figli. Neddu, il figlio del notaio, fu ucciso nel modo più terribile possibile, infatti era ancora cosciente quando gli fu vibrato il colpo finale. Egli era già ferito quando supplicò i garibaldini di non ucciderlo e un boscaiolo, lo ammazzò per pietà e si giustificò dicendo: "Tanto sarebbe stato un notaio, succhiasangue anche lui!".

Si faceva strage di chiunque fosse ricco, perciò la baronessa aveva fatto fortificare la sua abitazione e i suoi servi per vender cara la pelle sparavano contro la folla, che comunque non si demoralizzò e sfondò il cancello, dando la caccia alla donna nella sua villa. Infine fu scovata con i suoi tre figli tutti furono trucidati. La follia della gente si placò soltanto a sera, quando la pazza folla diminuì consistentemente. La Domenica dopo non fu celebrata messa e si pensò a come dividere le terre, ma tutti si guardavano in cagnesco perché non sapevano come fare, infatti non c'erano periti per misurare la grandezza dei lotti di terreno, notai per registrare la proprietà, e così via.

Il giorno successivo si apprese che il generale Nino Bixio stava venendo a fare giustizia, cosicché molti scapparono e fecero bene, poiché egli appena arrivato fece fucilare alcuni rivoltosi, poi vennero i giudici, che interrogarono i colpevoli e li portarono in città per il processo, che andò per le lunghe. Le cose in paese tornarono come prima, infatti i ricchi avevano le loro terre e i poveri dovevano lavorarvi per guadagnarsi il pane quotidiano, visto che i benestanti non le avrebbero neanche toccate. Il processo andò per le lunghe e alla fine tutti gli imputati furono ascoltati da una giuria composta dai ricchi e dai nobili, i quali ogni volta pensavano di averla scampata bella e si rallegravano di non essere nati e vissuti a Bronte. Infine fu pronunciata la sentenza e un carbonaro a cui erano state rimesse le manette era rimasto sbigottito perché non aveva assaporato la libertà di cui avevano tanto parlato.



* La fabula e l'intreccio coincidono perché i fatti narrati sono legati da rapporti temporali e causali, non c'è traccia dell'uso di tecniche narrative come l'analessi che indicano una non coincidenza fra fabula e intreccio.

Il protagonista



Il protagonista di questa vicenda è il popolo di Bronte inteso come la massa, tutte quelle persone che hanno partecipato alla rivolta. Quest'evento storico che Verga narra nella sua novella è ricordato come "I fatti di Bronte", ed è una reazione del popolo siciliano all'inganno garibaldino. In questa novella il popolo è una massa in cui uno dice e gli altri seguono, magari fanno delle azioni che non avrebbero voluto mai compiere da soli, ma sono stati trascinati dall'euforia di quei momenti. Il popolo di Bronte verghiano è simile per certi aspetti a quello milanese manzoniano durante la rivolta del pane, entrambi accomunati da una situazione disperata che opprime e alla fine trova come unico sfogo la rivolta armata. Tutto ciò cela un'ignoranza del popolo, che non riesce a risolvere certe questioni con l'intelletto, ed è stato proprio l'ignoranza dei più poveri su cui si è fondato il potere dei ricchi.

Personaggi secondari

* Neddu, il figlio del notaio.

* Don Paolo.

* Don Antonio.

* La baronessa.

* I figli della baronessa.

* Nino Bixio.

I luoghi



Verga fa riferimento ad uno luogo specifico, ovvero il paese di Bronte in cui si svolgono i fatti della novella, e a una città (forse Catania) in cui si svolge il processo ai rivoltosi.

Il tempo



La novella copre nella prima parte un arco di tempo comprendente circa tre giorni, è indefinito invece il tempo in cui si svolge il processo ai rivoltosi, che lo stesso Verga definisce molto lungo. Il contesto storico in cui si svolge la novella è quello dei fatti di Bronte, nel 1860, che furono duramente repressi dalle truppe capeggiate da Nino Bixio, che fu definito dai contadini "La Belva". Questa dura repressione segnò la fine delle richieste dei contadini che volevano la spartizione della terra; in questo furono ingannati da Garibaldi, che prometteva libertà in cambio dell'aiuto a scacciare i Borboni. I contadini vedevano la libertà come la ridistribuzione delle terre, i garibaldini come libertà morale e personale che era garantita dalla costituzione italiana; ma gli agricoltori meridionali erano ridotti alla fame e quindi a loro interessava solo avere un pezzo di terra da coltivare per mandare avanti la propria famiglia; da qui nacque la frase "La libertà non è pane". Questo fu uno dei primi dissidi fra il Meridione e il governo italiano. Questa volontà di non ridistribuire le terre fu una delle cause del brigantaggio, un sorta di protesta armata contro lo Stato.
Doppiappi
2008-05-28 11:44:23 UTC
oddio ma perchè domande cosi lunghe?!?! ti aspetti davvero ke qlcn se anke bravo legga tutto il testo? :S..
?
2017-03-10 06:07:30 UTC
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L‘acne è un problema che affligge molti giovani a tal punto da innescare ritiro sociale. Esistono prodotti farmaceutici efficaci che tuttavia possono rivelarsi molto aggressivi sulla pelle.
Simona C
2008-05-28 11:53:24 UTC
Oddio che domanda..non so come tu abbia fatto a scrivere tutto il testo!!!
anonymous
2008-05-28 11:44:36 UTC
wow e tu hai scritto tutto qsto x farti aiutare da noi???

scusa ma nn puoi kiamare qualke amica tua e lo fate insieme?????


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