Claude Monet nasce a Parigi nel 1840.
Comincia la carriera artistica ancora adolescente, realizzando caricature per i turisti di Le Havre. È l'incontro con Boudin a spingerlo verso la pittura di paesaggio.
Nel 1859 va a Parigi e si iscrive all'Académie Suisse.
Nel 1862 entra nell'atelier di Charles Gleyre, dove stringe amicizia con Pierre-Auguste Renoir, Alfred Sisley e Frédéric Bazille.
Si reca spesso nella foresta di Fontainebleau, dove si dedica alla pittura "en plein air" e sperimenta gli effetti della luce naturale sulle figure.
Nel 1863, con gli amici, lascia Gleyre. È attratto in maniera crescente dal problema della luce e del colore, dedicando ai riflessi sull'acqua dipinti come La Grenouillère, dove già si intravvedono i germi della tecnica impressionista. Presenta con successo alcune opere ai Salon del 1864 e '65. Ma lo attendono anni tormentati da fallimenti e gravi difficoltà economiche: nel 1869 i creditori gli fanno requisire tutte le tele in suo possesso, ed è costretto a rimanere inattivo per mancanza di colori.
Nel 1870 sposa Camille Doncieux. A causa della guerra franco-prussiana parte per l'Inghilterra. Qui conosce anche Camille Pissarro.
A Londra nel 1871 entra in contatto con il mercante Paul Durand-Ruel, che decide di esporre le sue opere. Lo stesso anno, dopo un breve soggiorno in Olanda, fa ritorno a Parigi.
Si stabilisce ad Argenteuil, dove lavora spesso con Renoir.
Nel 1874 Claude Monet è tra i promotori della prima mostra impressionista, che si tiene nello studio di Nadar. È proprio un suo quadro, intitolato Impression. Soleil levant, a indurre il critico Louis Leroy a definire il gruppo di artisti "impressionisti", anche se in senso dispregiativo...
Negli anni dal 1875 a i primi anni '80 Monet deve sopportare un altro periodo di gravi difficoltà finanziarie, nel corso del quale muore la moglie.
Inizia il ciclo dedicato alla Gare St. Lazare, in cui va a fondo nella ricerca di riprodurre esattamente i colori che vede.
Nel 1883 si trasferisce a Giverny. La collaborazione con Durand-Ruel si fa più intensa a partire dal 1882. Grazie a lui, Monet e i compagni ottengono mostre personali ed espongono all'estero. Nel 1886 50 opere dell'artista vengono esposte presso la galleria newyorkese di Durand-Ruel.
Dalla metà degli anni '80 in avanti Monet porta alle estreme conseguenze le sue sperimentazioni, analizzando le infinite variazioni della luce nelle diverse condizioni atmosferiche. Si dedica ai cicli più noti:
- Meules (Covoni di fieno)
- Pouple (Pioppi)
- Cathédrale de Rouen (Cattedrale di Rouen)
- Bassin aux nymphéas (Stagno con ninfee)
- Nymphéas (Ninfee)
- Rose),
che lo porteranno all'estrema scomposizione della forma.
Claude Monet muore a Giverny nel 1926.
L'ultima opera è la Grande Decorazione dell'Orangerie (1914-1926).
Attratto dal naturalismo di Courbet e dei pittori di Barbizon, Monet matura il suo interesse per la luce lavorando "en plein air". Dipingendo sulle spiagge di Normandia o sulle rive della Senna, dove la luce non è univoca come negli atelier. Si accorge così che gli oggetti cambiano colore continuamente. Capisce di poter riprodurre sulla tela solo l'impressione visiva: non le cose come le conosce, ma le zone di colore come effettivamente si presentano. Alla ricerca di nuove soluzioni cromatiche, stende il colore a tocchi, con pennellate brevi e sciolte.
La scoperta dei quadri di Turner, avvenuta a Londra nel 1870, risulta fondamentale per l'evoluzione del suo stile. Inseguendo le atmosfere brumose dell'artista inglese, dipinge varie opere, tra cui Impression. Soleil levant, quella da cui deriverà la denominazione "impressionismo".
Da quel momento, Monet non cerca più di riprodurre la natura, ma di trasmettere sensazioni visive. Dipinge lo stesso tema, registrando le infinite varianti temporali.
Nonostante le difficoltà finanziarie, con imperturbabile tenacia Claude Monet sviluppa i suoi famosi cicli, dove la visione lucida della realtà gradatamente lascia posto all'emozione. Superato l'acceso cromatismo dei Pouple (Pioppi) e dei Meules (Covoni di fieno), la sua pittura comincia a sfaldarsi nella luce con le Cathédrale de Rouen (Cattedrali di Rouen) (1892-1894). Al volgere del secolo appaiono i Bassin aux nymphéas (laghetto con ninfee). Nei primi anni del '900 è la volta della serie di vedute londinesi con il Parlamento, Waterloo Bridge e Charing Cross Bridge nella nebbia. Negli stessi anni si dedica alle Nymphéas (Ninfee)(1899-1926) e alle Rose(1925-1926).
Ma non basta. Le ninfee sull'acqua hanno bisogno bisogno di più spazio. La tela comincia ad espandersi, ad abbracciare l'intero sguardo dell'osservatore. L'acqua diventa una specie di cosmo. Alla superficie le forme si sfaldano, trasformandosi in lontane parvenze. Monet dà l'impressione di giungere ad un passo dall'astrazione, come era avvenuto a Turner. Restano solo colore, luce, sensazioni. Una pittura quasi "informale"...
Tra gli artisti impressionisti, Claude Monet è uno di quelli che ha prodotto di più.
Il catalogo generale dell'opera di Monet è stato redatto da Wildenstein. Comprende soprattutto dipinti a olio. Attualmente vi sono schedate oltre 1500 tele. Ma si ritiene che ne manchino altre ancora.
I disegni sono piuttosto scarsi, soprattutto a partire dagli anni '80.
Considerando lo stile dell'artista, il fatto risulta molto logico. Monet era interessato a rendere l'atmosfera, la luminosità e la freschezza di un luogo. Queste qualità le poteva ottenere mediante la resa del colore e la tecnica a macchie. Come ebbe modo di scrivere ad alcuni amici, viceversa, trovava difficile o innaturale perseguire lo stesso scopo con la matita o la penna.
A questo dato bisogna aggiungerne un altro. Monet dipingeva in presa diretta con la natura. Stendeva i colori direttamente di fronte alla scena. A differenza di altri artisti, quindi, per dipingere non aveva bisogno di schizzi a matita e studi preparatori.
La maggior parte dei disegni di Claude Monet pervenuti consistono in riproduzioni a matita di quadri. Sono, cioè, copie che l'artista realizzava per la pubblicazione su riviste. Questa destinazione spiega la loro somiglianza con quadri famosi e l'alto grado di finitezza.
Claude Monet è in assoluto uno degli artisti più apprezzati da parte del pubblico e dei collezionisti d'arte.
Il suo alto indice di gradimento e l'elevato numero di opere esistenti spiegano la sua diffusione nei musei di tutto il mondo. Le opere di Monet, infatti, sono presenti pressocché in ogni angolo del mondo. Persino in alcuni musei italiani, il che è tutto dire...
L'elenco dei musei è interminabile.
La descrizione dei luoghi in cui figurano opere di Monet deve giocoforza tenere conto dell'importanza di queste ultime e del loro numero. Infatti, sono molti i musei che contengono più opere del grande impressionsta.
Claude Monet inizia a dipingere molto presto. Ma è l'incontro con i giovani Renoir, Bazille e Sisley nell'atelier di Gleyre ad imprimere una svolta decisiva al suo stile.
Monet trascorre molto tempo a dipingere all'aperto in compagnia dei nuovi amici. Con loro si confronta e sperimenta. Come loro, conduce la quotidiana lotta per la sopravvivenza. Ma tutto è subordinato alla travolgente passione per la pittura. Questa passione non lo porta alla fama o alla ricchezza, ma alla nascita dell'Impressionismo, vale a dire, la più importante invenzione dell'arte dell'800.
È straordinario come alcuni giovani pittori abbiano potuto intraprendere una strada così personale e innovativa. Ma la cosa appare ancora più straordinario se si pensa all'ambiente in cui questi giovani hanno agito. Parigi nella seconda metà dell'800! Un luogo carico di pressioni, tensioni e anche esasperazioni. Un luogo, però, che offriva anche delle opportunità.
Claude Monet ha svolto un ruolo cardine nella vicenda dell'Impressionismo.
Attraverso l'analisi delle sue opere si possono conoscere le tappe cruciali nello sviluppo del movimento. Peraltro, mettendo a confronto le sue opere con quelle dei compagni, si possono capire le principali differenze e le loro rispettive personalità.
Terrasse a Sainte-Adresse
Donna con l'ombrello
Le coquelicots
Donne in giardino
Cattedrale di Rouen
Gare Saint-Lazare
Hotel des roches noires
La Seine a Bannecourt
Impression, soleil levant
Cattedrale di Rouen
Londra, il Parlamento
La Japonaise
Le dejeuner
Giardino dell'artista a Giverny
lle St.Martin
Le barche rosse, Argenteuil
Vaso di Malva
Crisantemi
Girasoli
Campo di papaveri presso Giverny
Stagno con ninfee
Stagno con ninfee
Stagno con ninfee
Mattino sulla Senna
Ninfee
Ninfee
Ninfee
Ninfee
Ninfee
Ninfee
Les Agapanthes
Ninfee
Ninfee
Ninfee
Regate ad Argenteuil
Pioppi
La gazza
Covoni
Antibes vista dal Plateau Notre-Dame
Antibes
Bagni alla Grenouillere
La Grenouillere
Le Tuileries
Il bacino di Argenteuil
Giardino dell'artista a Argenteuil
Covone presso Giverny
Signora in Giardino
Spiaggia a Trouville
Venezia Palazzo Da Mula
Il Ponte ad Argenteuil
Campo di tulipani a Sassenheim
Le coquelicots (2)
Giardino dell'artista a Giverny (2)
Claude Monet fu il più grande e consacrato tra tutti i pittori impressionisti. Nel corso della sua lunga vita fu fedele soltanto ai principi di questo movimento, che traeva ispirazione da immagini di vita contemporanea nel suo caso soprattutto paesaggi , e dipinse soltanto "all'aria aperta". Fu proprio la sua indefinita veduta di Le Havre nel quadro Impressione, sole nascente (1872) che fece colpo sui critici d'arte ispirando il termine "Impressionismo", usato, quella prima volta, in senso dispregiativo. Il suo stile subì negli anni notevoli evoluzioni. Mentre nei primi lavori dipinse paesaggi che comprendevano anche figure e oggetti, nei successivi Monet fu colto dall'ossessione di mostrare solo ed esclusivamente la natura. Negli ultimi anni, addirittura, si dedicò a un solo soggetto le ninfee che lui stesso aveva coltivato nel suo giardino. Seguendo questa ispirazione, Monet creò i numerosi semi-astratti paesaggi d'acqua e di riflessi che sono tra le sue opere più belle.
Claude Monet è considerato generalmente come la figura più eccezionale fra i Impressionists. Il Impressionism di termine deriva dalla sua impressione dell'immagine: Alba. Un titolo è stato necessario in una fretta per il catalogo della mostra in 1874. Monet ha suggerito semplicemente l'impressione ed il redattore del catalogo, il fratello Edouard del Renoir, ha aggiunto un'alba esplicativa. L'artista non doveva sapere che a causa della critica che ha grippato sulla prima parola aveva dato all'intero movimento il relativo nome.
Intorno al 1845, Adolphe Monet si trasferisce a Le Havre dove il 1 aprile del 1851, Claude Monet entra nel collegio comunale. "Ero indisciplinato per natura; mai mi sarei piegato, neppure nelle più tenera infanzia, ad alcuna imposizione. La scuola mi è sempre sembrata una prigione e non riuscivo a convincermi che fosse giusto restarci...". Insieme alla caricatura che pratica per svago, il giovane Monet segue il corso di disegno del professor Jacques Francois Ochard, già allievo di David.
I primi disegni (alcuni datati 1857) sono caricature, schizzi di velieri e paesaggi che dimostrano già la sua passione per il plein air, la pittura all'aria aperta. La critica bonaria espressa in queste prime prove a matita e a carboncino determina la precoce notorietà di Monet nella cittadina, tanto che il giovane artista inizia ad avere una "clientela" che richiede le sue caricature.
Il 28 gennaio 1857 muore la madre e Claude, abbandonata la scuola, viene accolto dalla zia Lecadre che lo lascia proseguire nel suo studio del disegno. Monet inizia a vendere le sue caricature, firmate "O. Monet", esponendole nella bottega di un corniciaio dove affiancano i dipinti di Eugéne Boudin. Fu proprio in questa occasione che ebbe la possibilità di fare la sua conoscenza "Fu dal mercante di quadri dove esponevo spesso le mie caricature che incontrai Eugéne Boudin. Aveva circa trent'anni e mostrava una certa sicurezza...Accettai di andare a lavorare con lui en plein air...Boudin con inesauribile bontà, intraprese la sua opera di insegnamento...". La vicinanza di Boudin stimola il giovane Monet che matura la convinzione di dover approfondire la pratica della pittura, ma per far questo il modo migliore è quello di trasferirsi nella capitale francese, dove hanno sede le più importanti accademie artistiche.
Grazie all'appoggio del padre, forse convinto dalla zia, nell'aprile 1859 Monet parte per Parigi e al Salon di quello stesso anno vede opere di Troyon, Daubigny, Corot, Delacroix, Théodore Rousseau. Nella capitale conosce anche Camille Pissarro e con lui si reca spesso alla Brasserie des Martyrs, luogo di riunione dei realisti capeggiati da Courbet, dove incontra anche Baudelaire. Frequenta i Salon parigini, visita il Louvre e invia a Boudin delle lunghe lettere di resoconto. E' in questa fase che ha modo di apprezzare la pittura dal vero di Daubigny, che con il suo spiccato naturalismo assume valore di congiunzione tra la scuola di Barbizon e il gruppo impressionista. Ciò che lo colpirà in maniera evidente è che non esistono pittori di marine, nessuno dei pittori da lui ammirati può dirsi passabile, lasciando presagire l'attrazione che lui stesso prova già per il mare.
A colpirlo, invece, favorevolmente sono una serie di quadri orientali che definisce "magnifici, grandiosi". Una attrazione per la luce del sud che potrebbe spiegare, almeno in parte, l'entusiasmo con cui il giovane pittore accetta di essere assegnato allo squadrone dei Cacciatori d'Africa per il servizio di leva nel 1861. Alla fine del 1860, infatti, Monet è chiamato a prestare servizio militare e destinato a un reggimento di stanza in Algeria, dove trascorre due anni. Egli ricorda questo periodo come quello della scoperta di nuove luci e colori che contribuiscono in modo determinante all'ampliarsi della sua conoscenza.
Di ritorno a Le Havre nel 1862 per motivi di salute, Monet stringe amicizia con il pittore olandese Jongkind e, da quel momento, fu lui il suo vero maestro, il pittore al quale Monet riconosce il merito di aver contribuito più di ogni altro alla formazione del suo occhio. Nell'autunno dello stesso anno Claude entra nell'atelier di Charles Gleyre, famoso per aver esposto il dipinto Illusioni perdute al Salon del 1843, di cui Monet apprezza soprattutto la natura poco autoritaria, e qui incontra Bazille con il quale parte per Chailly-en-Bière, presso la foresta di Fontainbleau. Al suo ritorno a Parigi, nel 1863, visita probabilmente il Salon ufficiale des Refusés dove scoppia lo scandalo della Colazione sull'erba di Manet.
Nel maggio del 1864 Bazille e Monet soggiornano in Normandia, a Rouen e Honfleur, dove frequentano le locande Saint-Siméon e Sainte-Adresse, rientrati a Parigi condividono insieme un atelier al 6 di rue Furstenberg prima del riconoscimento ufficiale, nel 1865 quando il Salon accetta di esporre due suoi paesaggi.
Tornato a Chailly nella primavera del 1865, Monet riprende la sua corrispondenza con Bazille e gli annuncia il progetto di intraprendere una composizione di grandi dimensioni (4.60 metri per 6), una Colazione sull'erba. "Mi piacerebbe che lei ci fosse: vorrei avere il suo parere sulla scelta del paesaggio in cui inserire i miei personaggi..". L'artista lavora in esterno per alcuni schizzi preparatori, poi in autunno prosegue il lavoro nell'atelier parigino, ma l'opera resta incompiuta, probabilmente dopo le critiche di Courbet, tanto da indurre Monet a non presentare il dipinto al Salon del 1866. Per di più il grande formato (ispirato a Courbet) non corrisponde alle esigenze della pittura en plein air. Gustave Courbet, assieme al caricaturista Honoré Dumier, costituiva un vero e proprio punto di riferimento per gli artisti lontani dagli ambienti della grande pittura ufficiale. Le opere di entrambi avevano scandalizzato gli ambienti ufficiali per il realismo e l'adozione di soggetti ritenuti volgari, indegni di essere rappresentati.
Si rimette, dunque, subito al lavoro per riuscire a presenziare con una sua opera al Salon del 1866. Dopo aver lasciato, come Bazille, l'atelier della rue de Furstenberg, dipinge una figura femminile a grandezza naturale, Camille in abito verde, la giovane modella, Camille Doncieux, che diventerà la sua prima moglie. Il dipinto viene esposto insieme ad una veduta di Chally, ma dopo questa esperienza d'atelier, torna ai personaggi inseriti nei paesaggi e si dedica a Donne in giardino. L'opera segue Monet fino a Honfleur (da Sèvres dove si era recentemente stabilito) ed è ricordata e descritta in una lettera che il pittore Dubourg scrive a Boudin nel febbraio del 1867 "Monet è ancora qui e lavora a tele enormi...ha un dipinto alto quasi tre metri e largo in proporzione: le figure sono appena più piccole rispetto alle grandezze naturali, sono donne vestite con estrema eleganza, intente a raccogliere fiori in un giardino, una tela iniziata dal vero e en plein air". Rifiutata dalla giuria del Salon del 1867, la tela viene acquistata da Bazille nel gennaio del 1868 per la somma di 2500 franchi.
Nell'estate del 1867 Monet lavora alla Terrazza sul mare a Sainte-Adresse, nella quale si fondono due temi chiave dell'Impressionismo: il mare e il giardino. Nel frattempo, nasce a Parigi il figlio Jean, Monet è inquieto perchè preoccupato per la moglie rimasta sola a Parigi durante la gravidanza e alla quale non riesce a garantire un degno sostentamento. Per questo, nella primavera del 1868, probabilmente su consiglio di Zola, Monet si trasferisce con Camille e Jean nella locanda di Gloton a Bennecourt, nei pressi di Bonnières-sur-Seine. Il 29 giugno parte diretto a Le Havre in cerca di sostentamento economico e qui viene aiutato da Gaudibert che gli commissiona un ritratto della moglie e partecipa alla mostra internazionale delle marine di Le Havre con cinque tele vincendo la medaglia d'argento. Ma i problemi economici e le responsabilità nei confronti della sua piccola famiglia trapelano dalle lettere rivolte a Bazille "La pittura non va, e certo non ho più sogni di gloria...Vedo tutto nero. Come se non bastasse i soldi scarseggiano come sempre. Delusioni, affronti, speranze, nuove delusioni, tutto qui, caro mio". Ma in dicembre a Etretat sembra riprendersi e di questo periodo più sereno restano alcune vedute di Etretat e il famoso paesaggio innevato, la Gazza.
Nel giugno del 1869 abita nella frazione di Saint-Michel lungo la Senna a Bougival, poco lontano da Parigi e un nuovo rifiuto al Salon sembra deprimerlo ulteriormente. Renoir, che vive a Louveciennes, lo raggiunge per dargli il suo aiuto e non di rado si ritrovano con i cavalletti uno a fianco all'altro al café-flottant della Grenouillère, una sorta di bar galleggiante sul fiume. Monet lavora anche nei dintorni, Marly, Louveciennes, Bougival, ma nonostante il sostegno di Millet e Daubigny nella giuria del Salon del 1870 le sue opere, tra cui proprio La Grenouillère vengono respinte, suscitando polemiche tra i critici.
Il 28 giugno 1870 sposa Camille (uno dei testimoni sarà Courbet) e il 7 luglio muore a Sainte-Adresse l'amata zia Lecadre. Monet trascorre l'estate a Trouville, dove lavora sulla spiaggia e rappresenta L'Hotel des Roches noires a Trouville. Si trova proprio lì quando viene a sapere della dichiarazione della guerra franco-prussiana, il 18 novembre muore l'amico Bazille e Claude per sfuggire all'arruolamento parte via mare alla volta dell'Inghilterra dove presto lo raggiungono Camille e Jean.
In Inghilterra, Monet incontra Paul Durant-Ruel, colui che diventerà il mercante e il più fedele sostenitore degli Impressionisti. E' un evento importantissimo per l'artista che espone subito una tela alla prima mostra annuale organizzata dal mercante a Londra, nel dicembre del 1870.
Con Pissarro, anche lui in Inghilterra, Monet visita i musei di Londra e si interessa ai paesaggisti della scuola inglese: Constable e soprattutto Turner. Entrambi partecipano alla mostra internazionale delle Belle Arti inaugurata il primo maggio del 1871 a Kensignton, poche settimane prima che Monet lasci l'Inghilterra.
Sulla via del ritorno passa per l'Olanda. "Certo quello che ne ho visto mi è parso molto più bello di quello che se ne dice" scrive a Camille Pissarro da Zaandam il 2 giugno del 1871. Come a Londra, visita i musei, e in particolare il Rijksmuseum, prima di rientrare in autunno a Parigi.
Dopo la morte del padre, Monet si stabilisce ad Argenteuil, un luogo che gli offre uno scenario adatto al suo occhio acuto di artista. La casa si trova nei pressi della Senna, fonte di ispirazione per l'artista attratto dai velieri, dal famoso bacino di Argenteuil con la sua passeggiata, dal ponte ferroviario. Quest'angolo di Francia sarà per qualche tempo uno dei centri dell'Impressionismo: qui si possono trovare Sisley, Manet, Renoir accanto al loro amico Claude e nascono in questo luogo alcuni dei suoi quadri più noti: Regate ad Argenteuil, Il ponte ferroviario, Il ponte stradale, Il bateau-atelier a Argenteuil.
Il pittore si sofferma comunque volentieri sulle rive del fiume e sui giardini che sono un trionfo di colori e di luce, come Camille alla finestra del 1873 e La famiglia dell'artista nel giardino di Argenteuil del 1875 testimoniano. C'è, in essi, un tripudio di rossi, verdi e azzurri che da vita al quadro. "Monet sembra soddisfatto della propria sorte, nonostante le resistenze che incontra la sua pittura" dice Boudin il 12 dicembre 1872. E' stato, questo, un anno fecondo per la produzione artistica e anche per le sue finanze avendo venduto più di trenta tele, alcune delle quali, alla prima cerchia dei suoi estimatori: Manet, il mercante d'arte Larouche, Durand-Ruel, il critico d'arte Théodore Duret.
Nel 1873 ritrova la Normandia. Vi dipinge vedute di Etretat, di Saint-Adresse e del porto di Le Havre e, seppur datata "72", a questo soggiorno sarebbe da far risalire anche la tela divenuta famosa con il titolo di Impressione, levar del sole.
Le mancate ammissioni al Salon tra il 1869 e il 1870 spingono Monet a sottrarsi al solito giudizio della giuria, come peraltro già fanno Pissarro e Sisley. L'idea di organizzare una mostra indipendente, nata nel 1867 e poi subito abbandonata, si fa nuovamente strada e, dopo continui rimaneggiamenti dello statuto il 17 gennaio 1874 nasce la "Società anonima cooperativa degli artisti-pittori, scultori, incisori, ecc....", composta di trenta membri.
La prima mostra si svolge dal 15 aprile al 15 maggio nei locali di proprietà del fotografo Nadar, al 35 del boulevar des Capucines e il catalogo propone centosessantacinque dipinti di Boudin, Bracquemond, Cézanne, Degas, Guillaumin, Lépin, Berthe Morisot, Pissarro, Renoir, Sisley e altri. I dipinti che espone Monet sono I papaveri, una marina di Le Havre, una veduta di Boulevar des Capucines, Colazione del 1868 già rifiutata al Salon del 1870 e, soprattutto, Impressione, levar del sole. La critica scalpita e il più colpito è Monet: su "Le Charivari" del 25 aprile Louis Leroy intitola ironicamente il suo articolo "La mostra degli impressionisti" cui fa eco "Scuola degli impressionisti" firmata da Emile Cardon su "Le Presse" del 29 aprile. In dicembre la cooperativa si scioglie, ma le mostre riprenderanno a partire dal 1876.
Dopo le tensioni suscitate dalla mostra, Monet si prende una meritata pausa ad Argenteuil, dove amano raggiungerlo gli amici. La Senna, con i ponti e le regate, rappresenta sempre un soggetto prediletto per i pittori, che tuttavia non trascurano la cittadina di Argenteuil. In cambio dell'ospitalità, Edouard Manet dipinge La famiglia Monet in giardino e Renoir Madame Monet e il figlio. Dal canto suo Monet trascorre molto tempo da solo, mostrando un particolare interesse per il paessaggio invernale, come testimoniano La locomotiva o Treno sotto la neve del 1875.
Nell'autunno del 1874 l'artista trasloca al 2 del boulevar Saint-Denis, di fronte alla stazione in una casa "rosa con imposte verdi". Il giardino entra nei suoi dipinti nel 1875 e più ancora l'anno successivo, in cui troviamo numerosi quadri che riproducono Monet in compagnia di Camille e di Jean, lungo le rive del Petit-Gennevilliers e nei prati in fiore. ma è anche un anno di incertezza finanziaria. Durand-Ruel è infatti costretto a contenere i suoi acquisti e Monet deve affidarsi ad altri estimatori dell'Impressionismo: il baritono Jean-Baptiste Faure e il commerciante di stoffe Ernst Hoschedé, collezionista appassionato che, già nel maggio del 1874, aveva acquistato Impressione, levar del sole. Eppure nel 1874 i guadagni dell'artista sono in netto regresso rispetto all'anno precedente.
Intanto, il 24 marzo 1874, si è svolto all'Hotel Drout una vendita pubblica organizzata da Renoir e curata da Durand-Ruel: le centosessantatré tele esposte, opere di Renoir, Berthe Morisot, Sisley e Monet, scatenano infiniti sarcasmi e strappano quotazioni piuttosto basse,
Nel 1876 si svolge una seconda mostra impressionista nella galleria Durand-Ruel, al n° 11 di ru Le Peletier, L'artista espone diciotto opere e, questa volta, la stampa è meno critica rispetto al 1874: Armand Silvestre, Castagnary, Mallarmé ne parlano in termini elogiativi, mentre Zola riconosce a Monet un ruolo da protagonista "Claude Monet è senza dubbio la testa del gruppo. Le sue pennellate si distinguono per una straordinaria luminosità.", ma già in seno al gruppo crescono i dissensi. Si fanno avanti nuovi acquirenti, alcuni dei quali, come il pittore collezionista Gustave Caillebotte e il medico Georges de Bellio, diverranno per Monet un sostegno finanziario e insieme morale.
Proprio quando Monet è alla ricerca di nuovi motivi fuori da Argenteuil, Ernst Hoscedé lo invita ad Montgeron per decorare il castello di Rottembourg, avuto dalla moglie Alice in eredità. Per decorare il grande salone, Monet realizza quattro dipinti che raccontano le due stagioni da lui qui trascorse: l'estate con I tacchini, I giardini di Hoschedé a Montgeron, Stagno a Montgeron, e l'autunno con Partita di caccia. A quel periodo risale probabilmente anche l'incontro con Caillebotte, proprietario di una tenuta nei pressi del fiume Verres. Il 20 agosto 1877 Alice metterà al mondo il suo sesto figlio, Jean-Pierre Hoschedé, talvolta ritenuto figlio di Monet.
Dopo la sosta ad Montgeron, Monet ritrova Argenteuil e le preoccupazioni finanziarie, I primi mesi del 1877 lo vedono assorto nella rappresentazione della Stazione di Saint-Lazare e nella preparazione della terza mostra impressionista dove figurano, tra le altre opere, I tacchini.
La vita ad Argenteuil è costata molto a Monet, nonostante le cospicue somme di denaro registrate in entrata nei taccuini, l'artista è molto indebitato e parla, non senza apprensione, della confisca o della vendita del suo mobilio nel caso non riuscisse a calmare i creditori. Il 15 gennaio 1878 scrive "Fra due giorni dobbiamo lasciare Argenteuil; e per questo occorre pagare anche i debiti". Sono senza dubbio gli anticipi di Caillebotte a consentirgli di far fronte alle spese sostenute in occasione della partenza da Argenteuil, ma al proprietario della casa, Monet lascia in pegno la sua Colazione sull'erba, cui rinuncia a malincuore. La sorte di questa tela arrotolata e nascosta in una cantina simboleggia la fine di un'epoca e negli anni a venire Monet vorrà riannodare i legami con la sua gioventù riappropriandosi di quest'opera, spettacolare espressione dei suoi esordi.
Nell'autunno del 1899, nel febbraio del 1900 e poi ancora tra febbraio e aprile del 1901 Monet soggiorna a Londra. Questi tre momenti rappresentano un altro pellegrinaggio nei luoghi della giovinezza, e rispondono all'antico desiderio, già espresso in una lettera del 25 ottobre 1885 a Duret, di tentare di dipingere qualche effetto nebbia sul Tamigi.
Il primo viaggio nella città inglese aveva coinciso con anni molto difficili: il 1870 è un anno travagliato per la storia della Francia. La guerra franco-prussiana fa fuggire dalla madrepatria molti francesi che si rifugiano nella vicina e più sicura Inghilterra. Anche Monet e la moglie Camille vivono a Londra, profughi oscuri e miserabili: qui l'artista lavora all'aria aperta e, fra le nebbie inglesi, dipinge i ponti sul Tamigi, le chiese gotiche, visita i musei in compagnia di Pissarro, conosce il mercante Durand-Ruel per il quale inizia a lavorare.
Al suo ritorno dopo quasi trent'anni dal primo viaggio per far visita al figlio che vi soggiorna per imparare la lingua, Monet concentra la sua attenzione soltanto sul Parlamento e sui ponti di Charing-Cross e di Waterloo, che dipinge dalla stanza dell'Hotel Savoy, mentre per il Parlamento sceglie come postazione l'ospedale Saint-Thomas. Quello che più gli interessa non è il tema in sé, ma restituire il cosiddetto effetto fog, quella "superba nebbia" di cui scrive ad Alice il 24 febbraio 1900.
Londra è un appuntamento fortemente voluto da anni ma sempre rimandato, forse per caso o forse per altre ragioni, forse per la consapevolezza che si tratta di un compito arduo, difficile. Difficile dipingere la capitale inglese con le sue atmosfere uggiose, i suoi riflessi delle luci nell'acqua del Tamigi, la massa imponente e scura del Parlamento, il profilo agile del ponte di Charing-Cross e quello più massiccio del ponte di Waterloo che appaiono come tra quei vapori. Ancora più difficile, sicuramente, per il confronto inevitabile con chi lo aveva preceduto, Turner, un artista tanto amato, ma anche un termine di paragone temuto, considerato un mostro sacro anche in Francia. Senza dimenticare che si trattava di un confronto a distanza anche con se stesso, con il giovane pittore che quasi trent'anni prima aveva cominciato a confrontarsi con l'autore di Pioggia, vapore e velocità, uno dei pochi quadri che, all'inizio degli anni novanta, Monet abbia ammesso di aver studiato da vicino e di cui abbia riconosciuto l'importanza, assieme agli acquarelli di soggetto naturale dello stesso Turner.
Fedele al suo metodo, porta a termine le opere londinesi (un centinaio) nell'atelier di Giverny e, ripetendo l'esperienza sperimentata con i Pioppi, ne presenta trentasette versioni alla galleria Durand-Ruel tra il maggio e il giugno del 1904. Le tele vengono esposte con il titolo di "Serie di Vedute del Tamigi a Londra (1900-1904)", dove il fiume costituisce un vero legame tra le tre "sotto-serie" dei motivi londinesi. Nel marzo del 1903 scrive a Durand-Ruel "No, non sono a Londra se non con lo spirito, ma lavoro moltissimo alle mie tele, che mi stanno procurando diversi problemi...". La mostra del 1904 è un successo straordinario e un recensore della mostra scrive sbalordito "Monet sembra aver raggiunto i limiti estremi dell'arte...Egli voleva sondare l'insondabile, esprimere l'inesprimibile, costruire, come direbbe un'espressione popolare, sulle nebbie del Tamigi e, quel che è peggio, ci è riuscito!". Ha ragione quel critico riguardo agli esiti della campagna pittorica londinese di Monet, tranne per il fatto che l'artista abbia raggiunto i limiti estremi della sua arte.
L'artista è sempre molto legato alla città di cui ama la luce densa e grigia, la nebbia, quella singolare mescolanza di foschia e fumo che si sprigiona dalle stufe a carbone con cui i londinesi riscaldano le loro abitazioni. Egli non parla l'inglese eppure si sente perfettamente a suo agio, tanto più che una lunga amicizia lo lega a Whistler e Sargent che qui frequenta.
Nel 1918 e poi ancora nel 1920 descrive il fascino di Londra d'inverno "Senza nebbia Londra non sarebbe una bella città. E' la nebbia che le dà la magnificenza...; è una massa, è un insieme, eppure è così semplice...; i suoi blocchi regolari e massicci diventano grandiosi sotto questo mantello....Come hanno fatto i pittori inglesi dell'Ottocento a dipingere mattoni che non vedevano?". Le sue parole di entusiasmo per la sensazione che quei luoghi avvolti da quel filtro particolare gli trasmettono, sembra esprimersi con tutta la sua forza nelle opere che da questa esperienza vengono fuori.
Le vedute del Parlamento raggiungono spesso soluzioni vicine alla pittura fauve, per la pennellata energica e decisa, per l'intensità del colore. All'epoca nè Matisse, nè Derain o Vlaminck sarebbero stati in grado di fare qualcosa di simile. La massa architettonica è totalmente sfumata e la sagoma dell'edificio è reso con lunghe pennellate verticali simili a altrettante frustate. Solo per le acque del Tamigi il pittore si serve di larghi tocchi orizzontali, come quelli che formano il mare di Impressione: sole nascente. Forse qui più che altrove Monet riesce a rendere quell'istantaneità che cercava fin dai tempi della serie dei Pagliai e, nel tentativo di evocare la suggestiva atmosfera creata dal fumo e la nebbia, Monet ricorda Turner senza tuttavia gli effetti romantici a cui indulgeva l'artista.
Mi sono intestardito su una serie di effetti diversi.... Più vado avanti, più devo lavorare per riuscire a rendere quanto cerco: l'istantaneità...le cose facili venute di getto mi disgustano. Insomma sono preda di un disperato bisogno di rendere ciò che provo, e mi auguro di non vivere ancora a lungo in questa impotenza" scrive Monet a Gustave Geffroy nell'ottobre del 1890.
Chiusa la parentesi per la sottoscrizione dell'Olimpia, il pittore si rimette al lavoro. La sua arte imbocca un nuovo orientamento, già in nuce da qualche tempo: ormai non dipinge più tele isolate, e i dipinti realizzati negli ultimi sei mesi del 1890, come Campi di papaveri e i Covoni, sono tutti ascrivibili in un procedimento per serie.
Passando, dunque, per la serie dei Covoni, quella dei Pioppi, per l'esperienza di Londra e gli esperimenti con la Cattedrale di Rouen, dall'ottobre al dicembre del 1908, Monet compie in compagnia di Alice l'ultimo grande viaggio. Lo consacra a Venezia, città dei pittori per eccellenza, dove dipinge i delicati arabeschi delle chiese e dei palazzi del Canal Grande. La lunga visita a Venezia è l'unica del suo genere anche perchè Monet è accompagnato dalla moglie. In passato era andato sempre da solo nei luoghi che intendeva dipingere, sia a Belle-Isle che a Etretat, a Bordighera e Antibes.
Durante il soggiorno veneziano lavora molto, ma dalle sue lettere si capisce che egli si gode la città anche come turista "Sto vivendo delle giornate deliziose", scrive a Gustave Geffroy, "dimenticando quasi di essere il vecchio che sono in realtà".
Da un balcone dell'Hotel Britannia sulla Riva degli Schiavoni dove è alloggiato, segue l'animato movimento delle barche in arrivo o in partenza sulla laguna, e i vaporetti diretti al Lido o a Chioggia. Visita i musei, le chiese e passeggia in Piazza San Marco, come testimonia una foto che lo ritrae insieme a Alice mentre dà da mangiare ai piccioni.
Le tele iniziate a Venezia e completate nello studio al suo ritorno a Giverny, insieme ad altre eseguite interamente a memoria, dimostrano che Venezia non gli fa cambiare il suo modo di guardare le cose: osserva i monumenti e le facciate dei palazzi allo stesso modo con cui aveva studiato la facciata della Cattedrale di Rouen, registrando tutti i fenomeni della luce, pronto a cogliere le infinite variazioni della forma architettonica col mutare dell'atmosfera. Il motivo protagonista, la chiesa di Santa Maria della Salute o il Palazzo da Mula, fa da sfondo e si riflette in quello che è l'interesse principale: l'acqua e la luce che colpisce la sua superficie, un acqua che rende con ricche pennellate orizzontali a cui contrappone spesso i pali di attracco.
Proprio come a Londra, l'artista prosegue la sua lotta con l'architettura, l'acqua, la luce: è come se sacrificasse la pietra dei palazzi veneziani a una "luce unica", scrive ancora a Geffroy a dicembre 1908.
Sembra sorvolare sul passato, sulla storia della città dei Dogi, soffermando il suo sguardo su quell'aspetto magico e fiabesco che aveva già sedotto Turner. Venezia è immersa in un'illusoria atmosfera di luce e colore che mostra come l'artista si sia ormai distaccato dalla realtà delle cose, trasformando liricamente le sue emozioni. Ecco perchè nelle sue tele si è vista una Venezia atemporale e immaginaria evocata da Proust nella Ricerca del tempo perduto: "Guardammo l'infilata dei palazzi tra i quali passavamo, riflettere la luce e l'ora sulle loro rosee fiancate, e con esse mutare".
Decisamente nulla lo accomuna al Canaletto o al Guardi, mentre si scoprono chiare analogie con Turner. Nei dipinti di Venezia la visione di Monet tende a farsi più romantica del solito, richiamando non solo Turner, ma anche Whistler, che amò Venezia e descrivendola a Monet con accenti entusiastici risvegliò in lui il desiderio di conoscerla. "Che peccato non essere venuto qui quando ero più giovane" scrisse a Geffroy.
Come le Vedute del Tamigi anche i dipinti veneziani vengono terminati negli anni seguenti nell'atelier di Giverny. Nel maggio-giugno del 1912 la galleria Bernheim-Jeune presenta ventinove Vedute di Venezia, suddivise in alcune sotto-serie: Canal Grande, San Giorgio Maggiore, i palazzi. In contemporanea viene pubblicato un album illustrato dal titolo Claude Monet "Venise" corredato da un saggio di Octave Mirbeau.
La grande eredità che la sua pittura e l'esperienza nella città lagunare lascerà ai pittori dopo di lui è chiaramente resa dalle parole di Signac "Ammiro queste Venezie come massima espressione della sua arte, dove tutto concorre ad esprimere la sua volontà, dove nessun particolare cede all'emozione, dove ha saputo compiere questo geniale sacrificio".
Alla fine del 1908 riparte con l'intenzione di ritornare l'anno seguente, ma dopo la malattia e la morte di Alice, Monet non rivedrà mai più Venezia.
"Che le mie cattedrali siano fatte dal vero o no, non riguarda nessuno e non ha alcuna importanza. Conosco tanti pittori che dipingono dal vero e fanno solamente cose orribili....".
Con le Cattedrali Monet procede ormai in modo sistematico "per serie", piantando il suo cavalletto di fronte alla facciata occidentale della cattedrale di Rouen. Sebbene rechino la data 1894, le tele sono state tutte realizzate tra il 1892 e 1893 nel corso di due sessioni di lavoro, durante le quali Monet lavora da postazioni leggermente diverse, per poi terminare i dipinti nell'atelier di Giverny. Le cinquanta tele che compongono la serie furono dipinte dal primo piano di due edifici posti di fronte alla facciata della chiesa. Scoraggiato e insoddisfatto dei risultati scrisse a Geffroy "Quanto più vado avanti, tanto più mi riesce difficile rendere ciò che sento, e mi dico che chi afferma di avere finito una tela è un tremendo orgoglioso".
Nelle cattedrali Monet impiega una tecnica completamente nuova. Mentre in passato aveva applicato il colore frizionandolo in piccole macchie, ora sovrappone le pennellate così da formare uno spesso strato crostoso. Da vicino le tele appaiono granulose, un miscuglio incoerente di colori, ma se ci si allontana la composizione prende corpo, precisandosi nei particolari. Come nelle serie precedenti il motivo è rappresentato in diverse ore del giorno e con diversa illuminazione, dalla lieve foschia del primo mattino allo sfolgorio accecante del sole di mezzogiorno e proprio dalle lettere scritte ad Alice traspare il suo metodo e l'accanimento con cui affronta il motivo. "Ogni giorno aggiungo e scopro qualcosa che prima non avevo saputo vedere", scrive il 3 aprile 1892, "è veramente difficile, ma non mi fermo. Sono a pezzi, non ne posso più, ho trascorso una notte piena d'incubi: la cattedrale mi precipitava addosso, sembrava blu, rosa o gialla...".
Consapevole del valore e dell'originalità della serie, Monet non esita a ricattare Durand-Ruel, trattando nel frattempo anche con Maurice Joyant e con la Boussod-Valadon. Esige per ogni tela ben 15.000 franchi e la trattativa si chiude a 12.000.
In occasione della sua personale "Opere recenti", nel maggio del 1895 espone venti versioni delle Cattedrali alla galleria Durand-Ruel. L'importanza del percorso artistico di Monet non sfugge a pittori e scrittori contemporanei, e nel suo Journal Signac parla di "muraglie mirabilmente eseguite", mentre Pissarro, in una lettera scritta al figlio Lucien il 1° giugno, mette l'accento sull'importanza della serie, trovandovi "quell'unità superba" che tanto a lungo ha cercato.
Da parte sua, Monet resta particolarmente colpito dal lungo articolo di Clemenceau, pubblicato su "La Justice" del 20 maggio col titolo Rivoluzione delle cattedrali: "Guardando le cattedrali di Monet da vicino, sembrano fatte da chissà quale indefinibile muratura multicolore, frantumata sulla tela in un eccesso di rabbia. Quest'impulso selvaggio è senza dubbio frutto della passione, ma anche della scienza.....La massa resiste, solida nella foschia evanescente, resa tenera sotto cieli diversi, esplode in un fiore di pulviscolo di pietra sotto un sole in fiamme....Nelle sue profondità, nelle sue sporgenze, nelle sue possenti pieghe o nei suoi angoli pieni di vita, il montare dell'immensa marea solare che giunge dallo spazio infinito si frange in onde luminose colpendo la pietra con tutti i fuochi del prisma o sprofondando in lucenti oscurità. Quest'incontro comprende il giorno che varia, il giorno che vive, il giorno nero, grigio, bianco, blu, purpureo, l'intera gamma della luce....".
L'unica nota negativa fu la reazione di Zola, che in maniera alquanto ambigua scrisse su Le Figaro "Non rinnego ciò che ho sempre sostenuto", ma poi proseguì manifestando molti dubbi e rammaricandosi che l'Impressionismo non era stato capace di produrre artisti della statura di Ingres, Delacroix e Courbet.
Altrettanto illustri e significative sono le parole che Giulio Carlo Argan dedica alle cattedrali di Monet in L'arte Moderna 1770/1970, analisi che resta fondamentale per la comprensione della serie più famosa dell'artista:
"Il "motivo" è un monumento ben noto e che il pittore sembra essersi proposto di rendere irriconoscibile immergendolo in una bruma crepuscolare e presentandone solo una parte, anzi una parte della facciata. Il grande schermo obliquo è tormentato da scavi e da risalti, che mettono in vibrazione l'atmosfra vaporosa, violacea, in cui è avvolta: la poca luce fredda che penetra attraverso quella coltre e viene rimandata dalla pietra si rifrange in un gioco mobilissimo di raggi e di riflessi. E' sempre lo studio delle rifrazioni, diffrazioni, riflessi e dissolvenze che Monet aveva iniziato tanti anni prima sulle rive della Senna e porterà innanzi fino alla fine: uno studio che, in ultima analisi, mira a separare l'immagine, come fatto interiore, dall'esteriorità e oggettività della cosa.
Qui "la cosa" (la cattedrale) non si vede che in parte, e male; ma se la cosa è sempre una cosa definita, l'immagine tende a ingrandirsi, a occupare tutto lo spazio della nostra coscienza, a oltrepassarlo perfino. Si sente che la facciata si prolunga al di là dei limiti del quadro, esce dal nosto campo visivo: dunque il campo visivo non coincide con il campo della coscienza. Certo intorno al disframma sforacchiato di quella facciata molte altre immagini, risalendo dalla memoria o sgorgando dall'immaginazione, si aggregano e si saldano: per esempio, è lo stormo di rondini che ci dà il senso della vertiginosa altezza della torre. Infine, l'impressione visiva non è rimasta incollata alla retina: essendo già, fin dall'inizio, un fatto dell'immaginazione, ha proseguito il suo viaggio nella dimensione psichica dell'immaginario fino a trasformarsi in visione. Non è forse provato dalla psicologia sperimentale che le immagini che si formano nella mente indipendentemente dalle cose sono "percezioni" esattamente come le immagini determinate dalla percezione delle cose?
Giovane, Monet aveva elaborato e praticato una tecnica rapida per cogliere nella sua flagranza un'immagine percettiva che non poteva durare che pohi istanti, più tardi elabora una tecnica capace di registrare e visualizzare le durate dell'impressione.....". Sono in estasi" scrive Monet già nel 1883 "per me Giverny è un paese splendido" e nel 1890 acquista la proprietà di Giverny, dove intende trasferirsi definitivamente e utilizzare il corso di un braccio del fiume Epte per la creazione di uno stagno abbellito da ninfee.
La vicenda dell'acquisto e della sistemazione della proprietà è stata raccontata in tutte le monografie e gli studi specialistici su Monet. Nel maggio del 1883 l'artista si trasferisce nella proprietà che ha affittato da monsieur Singeot. La casa, circondata da un giardino-orto, confina con una piccola ferrovia che sarà d'ostacolo, allorché, al di là di quella, il pittore deciderà di costruire il nuovo "giardino d'acqua". I lavori nel giardino saranno i primi ad essere intrapresi e un ruolo importante l'avrà l'esperienza botanica dell'amico pittore Caillebotte e del critico-scrittore Mirbeau, appassionati di giardini. La difficoltà maggiore è costituita dalla lontananza dalla Senna che Monet considera parte integrante del suo modo di vivere; attrezza tuttavia una piccola imbarcazione che gli serve anche da atelier e con la quale spesso esce in compagnia dei suoi figli e di quelli di Alice Hoscedé. Fa costruire tre serre dopo molte difficoltà con gli abitanti di Giverny, sospettosi che lo sbarramento del corpo d'acqua per creare lo stagno potesse inquinare le acque, e riesce così nel 1895 a costruire lo specchio d'acqua e il famoso ponte giapponese, che apparirà a partire dal 1920 con la sua sagoma leggera e aerea che si perde tra la vegetazione e il glicine sospeso. Al primo studio, in un piccolo granaio esistente nella fattoria, Monet affianca nel 1899 un grande locale di fronte alle serre, luminosissimo, dove porterà a termine la grande impresa della serie poi regalata allo Stato francese ed esposte in due grandi sale costruite appositamente all'Olangerie di Parigi. L'artista era sempre stato affascinato dai fiori e dai riflessi dell'acqua ma in questo progetto è innegabile l'influenza di quella cultura giapponese diffusasi in Europa a partire dalla seconda metà del secolo e della quale Monet, come i suoi contemporanei, era stato un grande estimatore.
A partire dal 1898, Monet consacra al tema delle ninfee la maggor parte delle sue opere, datate tra il 1899 e il 1900, opere con cui si indentifica il nome stesso dell'artista e in cui è protagonista la specifica varietà del nenufar bianco, cui Stéphane Mallarmé nel 1885 ha dedicato un poema in prosa.
L'interesse di Monet per il giardino non nasce a Giverny, ma è rintracciabile nel tempo e nei luoghi da lui abitati. Basta ricordare Donne in giardino, Il giardino dell'artista a Vétheuil, che mostrano un interesse anche tematico per il giardino dove predomina ancora la figura umana, in cui i fiori e la natura hanno consistenza e figuratività e non sono dissolti nella vibrazione luminosa. A Giverny scompare la figura della narrazione del giardino, scompare anche e soprattutto l'organizzazione di un giardino che diventa sconfessione di qualunque organizzazione che possa rimandare a quel modello edenico che già i contemporanei di Monet potevano sentire obsoleto e inattuale.
Con il titolo "Le Ninfee, una serie di paesaggi d'acqua" Monet sceglie di presentare la sua personale da Durant-Ruel nel 1909. Una esposizione un "pò" banale, per citare lo stesso artista, che propone quarantotto tele realizzate tra il 1903 e il 1908. Dal 1904 la sua visuale sulla natura che circonda lo stagno si riduce via via ad una stretta fascia nella parte superiore della tela fino a scomparire per lasciare spazio alle sole ninfee. "Questi paesaggi d'acqua e di riflessi sono diventati un ossesione. E' qualcosa che va oltre le forze del vecchio che sono, eppure voglio riuscire ad esprimere quanto provo...". Il giardino dipinto da Monet ha perso ogni contatto d'appartenenza con la propria tradizione, perde tutte le sue valenze, e del giardino Monet rappresenta solo gli effetti, i riflessi o le luci, divenendo lui stesso parte integrante della natura. La mostra del 1909 si rivela un grande successo. Ormai le opere di Monet figurano in numerose mostre all'estero: da Bruxelles (al Salon de la Libre Estéthique) a Londra, da Berlino a Stoccolma, da Dresda a Venezia e, naturalmente, negli Stati Uniti dove l'artista è ormai conosciuto grazie all'impegno di Durant-Ruel, del pittore Theodore Robinson e del collezionista Potter-Palmer.
Accanto agli amici di sempre (Sisley, Pissarro, Berthe Morisot, Mallarmé, Rodin, Renoir e Cézanne), e a quelli più intimi (Geffroy, Mirbeau, Clemenceau), nuovi ammiratori imboccano la strada per Giverny: Jacques-Emile Blanche, Bonnard, Sacha-Guitry, Paul Gallimard, i membri dell'Académie Goncourt. La riluttanza a ricevere giornalisti e la veneranda età gli fanno preferire la solitudine e il lavoro a visite inopportune, riservando i pochi momenti di riposo a una ristretta cerchia di fedeli amici.
Ormai è giunta l'ora del riconoscimento ufficiale, agli otto dipinti della collezione Caillebotte entrati nel 1896 al Musée du Luxembourg, si aggiungono nel 1906 quelli della raccolta Moreau-Nélaton. nel 1907 la Cattedrale di Rouen:armonia bruna e nel 1921 le Donne in giardino, rifiutato dal Salon più di cinquant'anni prima. I due ultimi dipinti vengono acquistati dallo Stato direttamente dall'artista e, dopo alcuni anni tutte le opere confluiranno nelle raccolte del Louvre. Intanto molti musei della provincia riservano ai dipinti di Monet un posto d'onore.
Per lavorare alle grandi tele delle Ninfee, durante la guerra Monet si fa costruire un atelier concepito per offrire la massima luminosità e all'indomani dell'armistizio propone a Clemenceau di donare due Grandi ninfee per celebrare la vittoria. Dopo lunghe trattative, il 12 aprile 1922 la donazione viene infine sottoscritta: vi si stabilì che nelle due sale dell'Olangerie alle Tauileries, predisposte allo scopo in forma ovale, prenderanno posto otto grandi composizioni. Clemenceau continua ad incoraggiare Claude Monet più volte tentato di abbandonare l'impresa di tale portata e che lo colpisce in quanto ha di più prezioso: Monet soffre di cataratta e accetta di farsi operare solo dopo il 1922.
Gli ultimi anni della sua vita sono caratterizzati, oltre che dalla malattia, anche dalla tristezza per la morte delle persone più care: dapprima (1895) Berthe Morisot e Mallarmé (1898), nel 1899 Suzanne Hoscede-Butler (la modella di Donna con parasole), nel 1803 Pissarro, nel 1817 Mirbeau e Degas, Renoir nel 1919 e infine Paul Durand-Ruel nel 1922 e Geffroy nel 1926. Ma il dolore più grande, dopo la morte dell'adorata Camille, è quello per la morte di Alice, spentasi nel 1911 e per la morte del figlio Jean tre anni dopo. La pittura gli porta una grande consolazione. "Lavoro come non mai", scrive nel 1917, "sono soddisfatto per quello che faccio, e se i nuovi occhiali fossero ancora migliori, non chiederei altro che vivere fino a cent'anni...".
Vegliato da Blanche Hoscedé, figlia di Alice e vedova di Jean, Monet si spegne il 5 dicembre del 1926 a ottantasei anni. secondo le ultime volontà dell'artista, i pannelli delle Grandi Ninfee vengono collocate all'Olangerie solo dopo la sua morte. Con le Ninfee il maestro di Giverny lascia il suo ultimo messaggio, esprimendosi con un arte innovativa, ai limiti dell'astrazione; con il suo testamento pittorico il capofila degli impressionisti si dimostra uomo del nostro secolo, maestro riconosciuto anche dai giovani artisti dell'avanguardia.
Attorno al 1870 prende forma in Francia un movimento artistico deciso ad opporsi all'istituzione accademica, immediatamente impostosi come "scandalosa" novità agli occhi dei contemporanei.
L'Impressionismo. preparato dagli avvenimenti precedenti, è certamento legato ad un altro linguaggio deciso anch'esso a rompere gli schemi imposti dalla tradizione: il romanticismo. Alcuni degli elementi caratterizzanti ne sono, certamente, fonte di ispirazione: la negazione del valore intrinseco di un soggetto, che toglie alla pittura storica o a quella religiosa il primato; l'importanza data al paesaggio con la natura protagonista e in primo piano nel pensiero romantico; il mito che si viene a creare attorno alla figura dell'artista, ribelle alle convenzioni sociali; l'interesse per il colore più che per il disegno; la scoperta della soggettività, vera eccezionale novità della nuova visione romantica.
Tra il 1830 e il 1860 si afferma in Francia il positivismo: l'arte si svolse al dato reale, al fenomeno osservabile, privilegiando l'ambiente contemporaneo e gli sfondi familiari. Pensiamo, ad esempio, alla scuola di Barbizon o alla scuola di Fontenbleau. Nel Le Déjeuner sur l'herbe, la cura riservata agli alberi rievoca proprio i quadri della scuola di Barbizon e l'artista, che già in quegli anni si è imposto di dipingere en plein air, è un ammiratore di Millet, mentre Renoir avrebbe affermato in seguito che l'esempio di Diaz de la Pena lo aveva portato a schiarire la tavolozza.
Il realismo della scuola di Barbizon viene spinto verso una sempre maggiore obbiettività diretta a debellare gli ultimi residui di romanticismo fino a comprendere ogni realtà, anche la più umile. Gli esponenti di questo "spiccato" realismo rivolto alle classi popolari sono Millet, Honoré Daumier e soprattutto Courbet, la cui influenza nei confronti degli impressionisti è determinante per la sua tecnica estremamente libera caratterizzata dall'uso della spatola, per la densità del colore, per la resa dell'erba con decise pennellate, per l'alternanza di tocchi regolari e discontinui.
Gli impressionisti sono inoltre influenzati da artisti come Eugène Boudin, il pittore olandese Johann Barthold Jongkind con le loro luminose marine e Camille Corot, un pittore difficilmente inquadrabile in una precisa scuola, interprete in modo estremamente personale del realismo.
Sugli impressionisti agiscono anche suggestioni esotiche, dopo il primo grande incontro con la cultura orientale all'Esposizione Universale di Parigi nel 1867 dove vennero accolte opere grafiche di artisti giapponesi. Lo stesso Monet ne è fortemente impressionato testimoniando di aver comprato le sue prime stampe nel 1856.
Tra i molti influssi che agirono sulla pittura impressionista non può non essere ricordato quello dei grandi maestri universalmente riconosciuti. Tappa obbligata dell'educazione di un pittore è lo studio e la copia dei maestri al Louvre. Monet ama copiare Tiziano, Rembrandt, Tintoretto e nutre una particolare predilezione per Velazquez e l'arte spagnola.
L'osservazione, l'analisi dei fenomeni naturali raggiungono poi una nuova intensità quando Eugéne Chevrel pubblica La legge del contrasto simultaneo dei colori e dell'accostamento di oggetti colorati, un trattato successivamente dato alle stampe, che esprime principi che saranno alla base della teoria cromatica degli impressionisti.
L'avvento della fotografia, nella prima metà del secolo, contribuisce anch'essa a formare una nuova consapevolezza visiva e gli impressionisti si mostrano prontamente interessati alla fotografia, in molti casi cimentandosi in prima persona con questo nuovo mezzo. La nuova tecnica, infatti, è destinata a sconvolgere più di ogni altra cosa il mondo della pittura per la rapidità e la fedeltà con cui è in grado di riprodurre immagini, creando nei pittori che non riescono ad assimilarne gli stimoli a nuovi tagli "fotografici" e a nuovi temi, una vera e propria crisi.
Anche la lezione del realismo trasmette agli impressionisti il gusto dell'ambientazione contemporanea e dell'osservazione diretta con la differenza che l'iconografia realista, dominata da soggetti proletari viene aggiornata dall'ingresso di una nuova categoria sociale "la borghesia": Le Déjeuner sur l'herbe e l'Olympia di Manet, per il clamore che suscitano nel 1863, annunciano le nuove tendenze. In generale, la critica non si mosta ostile alla tecnica pittorica, quanto al realismo della scena e, soprattutto, al nudo, molto diverso dal nudo classicamente raffugurato.
Agli scandalosi nudi di Manet, che aprono in un certo senso la parabola impressionista, potrebbero essere accostati i dieci pastelli che Degas espone all'ultima mostra impressionista (1886), nudi che esprimono un realismo radicale che supera anche quello impressionista.
Un altro dei generi rivisitati dagli impressionisti è il ritratto. Tutti i membri del gruppo, infatti, si cimentano con qusto tema che stimola soprattutto Degas autore di numerosi autoritratti e ritratti familiari: La famiglia Belelli, il ritratto dello scrittore fiorentino Diego Martelli, portavoce dei macchiaioli.
Ma il tema nuovo e onnipresente nella pittura impressionista è la realtà contemporanea in tutti i suoi aspetti, Parigi e i suoi boulevard, i caffé, la campagna, il giardino della propria casa, i corsi d'acqua, il teatro, tipico luogo di intrattenimento della borghesia che è per loro una grande attrazione.
Per quanto riguarda l'elaborazione della loro tecnica, gli impressionisti rifiutano le idee preconcette affermando che l'opera è essenzialmente una superficie piatta, coperta di colori disposti in un certo modo. Se l'approccio diretto al soggetto e la sua scelta è, dunque, influenzata dalla scuola realista, la tecnica degli impressionisti, almeno della parte centrale della loro storia (ovvero dalla prima mostra del 1874 all'ultima nel 1886) chiude il realismo ponendo le basi per l'arte moderna con il superamento del dato reale e la piena espressione della soggettività.
Gli impressionisti cercano di restituire sulla tela, intuitivamente, ciò che l'occhio effettivamente coglie: solo delle macchie luminose dai colori diversi, a seconda della lunghezza d'onda che colpisce il nervo ottico. Le loro tele non imitano più la natura, ma sono composte di vibrazioni luminose con una nuova pennellata e una nuova tavolozza. Quello che interessa loro è quanto avviene nella retina, la cosa importante è il processo percettivo, i quadri sono espressione di atmosfera, il soggetto perde ogni valore intrinseco e le sfaccettature della luce e del colore sono catturate da piccole pennellate rapide e vibranti.
Indispensabile la pittura en plein air ovvero l'esecuzione all'aria aperta, con il soggetto illuminato dalla luce del giorno. Uno dei più convinti assertori del en plein air è Monet che si fa addirittura costruire un battello-studio dove fu ritratto da Manet. Uno dei periodi più fecondi in questo senso è per Monet quello di Argenteuil in cui, accanto a Renoir, riesce a dare concretezza a quel bisogno di dare forma pittorica a un'esperienza visiva.
Se Monet, Renoir, Pissarro, Sisley rappresentano la via maestra dell'impressionismo con il loro interesse per la luce e per l'atmosfera, con il loro modo di accostare i colori in modo che si fondano nell'occhio, con la loro fiducia nella pittura all'aria aperta, l'arte impressionista comporta, tuttavia, una straordinaria varietà di soluzioni moltiplicatesi sulla importante scoperta della luce come elemento portante della composizione. Ognuno dei suoi componenti interpreta il "tema" con le proprie convinzioni e con il velo della propria tecnica, delle proprie tematiche preferite, della propria individualità.
Verso la fine degli anni ottanta, la spinta ideale che ha portato il gruppo nello studio di Nadar sembra esaurita, complicata da dissensi personali, da dubbi soprattutto sulla discussione se la pittura che gli impressionisti si sono sforzati di raggiungere mancasse o meno di forma, se si dovesse privileggiare il colore o la linea.
Ma l'Impressionismo non passò invano. Alla fine del secolo è diventato lo stile di quella che allora cominciava a esser considerata come l'avanguardia e pochi sono gli artisti che non cominciano la loro carriera all'insegna dell'Impressionismo.